N° 7 - Luglio-Agosto 2017
Spiritualità
  Dal Diario di un Pellegrino
di Gualtiero Sollazzi



 

ANCHE UN ROMANZO NEL SUO PICCOLO……

Ha degli anni “I Giullari di Dio”, romanzo edito nel 1980, ma offre ancora ricchezze da meditare. Vi si sogna una Chiesa umile e compassionevole.
Con delle inserzioni da “Lessico familiare”. In una di queste c’è un dialogo stupendo tra figlio e padre: “Il fatto è, papà, che non credo più da tempo.” “In Dio o nella Chiesa?”. “Nell’uno e nell’altra”. “Mi dispiace, ma sono contento che tu me l’abbia detto”.  “Sei in collera con me?”  “Buon Dio, no! Ascolta: se non puoi accettare sinceramente una fede, non devi farlo. Dovresti piuttosto consentire a farti ardere sul rogo. In quanto a me e a tua madre, non abbiamo alcun diritto a imporre dettami alla tua coscienza. Ma ricorda una cosa: tieni la mente aperta, in modo che la luce possa entrarvi. Tieni aperto il cuore, per non escludere mai l’amore”.
Si parla tanto di ‘urgenza educativa’.  Questa pagina ha, nel suo piccolo, qualcosa da insegnare.

 

 

“CHI DICE DONNA…”

“Chi dice donna dice danno” afferma un velenoso proverbio. Che ha una beffarda risposta in romanesco:  “ E famojelo ‘sto danno! Lasciamoli soli! “Per troppo tempo la donna è stata vista in negativo: Eva, perenne tentatrice.
Quindi, niente cariche significative. Anche la Chiesa non è stata esente da tale mentalità. Al massimo, la donna poteva servire per la “bassa cucina”. Papa Francesco osserva: “La donna non deve avere un ruolo di servitù nella Chiesa. La Chiesa è donna. A me piace pensare che la Chiesa non è “il” Chiesa: è donna e madre.” Una suora, nel 1500, scriveva parole impressionanti: “Signore, quando peregrinavi quaggiù, non aborrivi le donne, anzi, le favorivi con benevolenza e in loro trovavi tanto amore e maggior fede che negli uomini. Perché, allora, non dovremmo noi donne riuscire a fare qualcosa per te in pubblico?” Quella donna era Santa Teresa d’Avila, dottore della Chiesa. Del resto: chi ha acceso le guerre? Chi nella Chiesa ha seminato eresie? L’uomo soprattutto. Eppure, è quasi intoccabile. Sarebbe bello che almeno nell’àmbito ecclesiale la donna avesse finalmente ruoli laddove si esercita l’autorità. Basta “il” Chiesa. Col bisogno che c’è di sapiente tenerezza e di generosa accoglienza, occorre che emerga forte “la” Chiesa.     Non è vero che chi dice donna dice danno: vero è il contrario: chi dice donna dice dono.


  RIVIVERE LA CRISTIANITÀ DELL'ANTICA LUNI
di Enzo Mazzini



Per la Veglia di Pentecoste il Vescovo Giovanni, responsabile dei catechisti della Diocesi di Massa Carrara - Pontremoli ha organizzato, presso l'antica Basilica di Luni, una veglia per meditare sull'incontro di Gesù con la Samaritana. Io ho voluto seguire, per riferirlo ai lettori del "Sentiero", alcune fasi della Veglia di preghiera che meritava davvero di essere vissuta.
Alle ore 19, come da programma, mi sono quindi recato nel grande piazzale della Chiesa del Preziosissimo Sangue di Caffaggiola e le mie aspettative non sono andate deluse. Lì un folto gruppo di giovani, una cinquantina, coordinati da due sacerdoti, ha dato vita ad una meravigliosa rappresentazione, indossando costumi d'epoca, per rendere le scene più veritiere. La storia della Samaritana, che doveva essere riprodotta, è una delle più belle, più significative e conosciute pagine del Vangelo, ma sono certo che avrei fatto un imperdonabile torto ai lettori del "Sentiero" se non mi fossi soffermato sulla descrizione della bellissima rappresentazione che ne è stata offerta, interpretando con scrupolo, fedeltà e grande rigore, le bellissime pagine del Vangelo secondo Giovanni che descrivono una sorgente d'acqua che zampilla per la vita eterna e che rappresentano una delle pagine più commoventi e coinvolgenti dell'intero Vangelo. Quindi, finita la rappresentazione e dopo aver ripulito il piazzale della Chiesa di Caffaggiola dove sul sacrato erano state sistemate delle pietre per ricostruire la scena del pozzo, i giovani, sempre guidati dai due sacerdoti, si sono messi in cammino, utilizzando gli appositi percorsi pedonali, per ricongiungersi con i numerosissimi fedeli dell'intera diocesi di Massa Carrara - Pontremoli che erano già riuniti in preghiera in un enorme prato di Luni Scavi, adiacente ai resti dell'antica basilica di Luni e capace di ospitare varie migliaia di fedeli.
Commovente e molto applaudito l'ingresso del gruppo di giovani provenienti dalla Chiesa di Caffaggiola, ai quali mi ero unito anch'io e che si è ricongiunto con la grande folla di fedeli, per continuare a vivere, tutti insieme, una veglia veramente coinvolgente. Un giovane sacerdote ed il boy scout che era a Caffaggiola hanno chiuso la lunga serie di testimonianze, riferendo episodi veramente significativi del loro impegno missionario, episodi che andavano direttamente al cuore e che attestavano la infinita bellezza della chiamata di nostro Signore, sia nei panni di sacerdote, sia in quelli di laico impegnato nella soluzione dei problemi dei fratelli. Molto profonda e toccante l'omelia del Vescovo Giovanni che ha anche sottolineato l'importanza dell'impegno dei laici a sostegno dei sacerdoti. Bellissime anche le preghiere ed invocazioni guidate dal Vescovo stesso e veramente toccanti i numerosi canti che erano eseguiti dal coro al quale si univano varie centinaia di fedeli.
Si è trattato veramente di una veglia davvero commovente e coinvolgente, storicamente calata in un ambiente capace di suscitare forti emozioni umane e religiose, facendoci rivivere le sensazioni di un vero popolo, quello di Luni.  Grazie al Vescovo Giovanni, agli organizzatori ed a tutti i numerosissimi fedeli partecipanti, per averci fatto riscoprire sensazioni e ricordi affievoliti dal tempo che corre inesorabilmente, ma ancora capaci di farci sentire vero popolo di Dio.


  GESU’: LA VIA, LA VERITA’, LA VITA.
di Stefania


   

                       

 

Come possiamo incontrare una persona che vorrebbe incontrarci senza che a noi interessi conoscerla?
Eppure, conoscerla potrebbe rivelarsi necessario. Per l’incontro e per iniziare ad instaurare una relazione quotidiana con lei basta rammentare: “Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto”.

Ritornando da Fatima, due mesi orsono, è entrata nella mia mente e nel cuore la riflessione di un vescovo fatta durante la sua omelia: “Siamo qui per impossessarci di ciò che ci appartiene, la nostra mamma celeste; è lei che dobbiamo portare a casa, nella nostra casa..” Quanto è vero, pensavo dentro di me, perché è lei che ci guida nel cammino quotidiano verso la conoscenza vera di Gesù e iniziare a incontrarlo, a conoscerlo sempre più intimamente e scoprire quanto siamo amati dal nostro Dio-Padre, che per salvarci si è fatto uomo in Gesù, offrendo a tutti indistintamente l’opportunità della vita eterna
attraverso la morte di croce.
( Libero arbitrio, cioè la libertà della scelta ). 

Oltre al sacrificio estremo Gesù ci ha lasciato tutti gli strumenti necessari, nel mare delle tentazioni e dello sconforto, per rimanere sulla retta via. A questa riflessione si è sovrapposto il ricordo del suggerimento dato dal sacerdote al ritorno dal pellegrinaggio a Medjugorje: “Il vero pellegrinaggio inizia a casa.”

Unico è il ricordo del mio grande desiderio di non perdere altro tempo, avendone già perso anche troppo ( oltre 40anni ), così ho iniziato a leggere la Parola, cioè il Vangelo, chiedendo aiuto allo Spirito Santo, perché ne potessi cogliere il significato più profondo. Mi accorgo quanto la decisione di dedicare una parte del mio tempo alla recita del Rosario e alla lettura –meditazione del Vangelo, sia salutare perché rappresenta il grande investimento per il presente e per il futuro eterno. Qualche giorno addietro nella cattedrale di Sarzana durante la celebrazione del Preziosissimo Sangue nella sua omelia mons. Jean Luis Brugnes ha citato un’espressione forte della prima lettera di Pietro - “Comportatevi nel tempo del vostro passaggio sulla terra con un senso di timore.” – sottolineando che il tempo terreno è un’avventura, una prova di fedeltà, che possiamo perdere allontanandoci da Dio.

Facendo un chiaro riferimento autobiografico, penso che troppo spesso non abbiamo la consapevolezza di perderci, altrimenti ci preoccuperemmo in modo giusto della nostra anima. Chi si preoccupa di ciò che non si vede e non si tocca, sebbene sia la sola cosa eterna che l’uomo possiede?

Le chiese si svuotano desolatamente, le nuove generazioni trovano rifugio nel regno sfuggente e viscido dei social.

Durante la Veglia di Pentecoste nella nostra importantissima LUNI, il vescovo Giovanni ha puntualizzato come il Padre nostro non si arrenda mai e come ci abbia inviato il suo Unigenito non per condannare, ma per salvarci, se lo vogliamo ( ancora, la libertà di scelta).  Inoltre Gesù, prima di salire al Cielo, si è preoccupato di metterci in buone mani, lasciandoci sua Madre e inviandoci lo Spirito Santo.

Significative sono le parole del canto mariano di Medjugorje: “ Spirito del Dio vivente scendi su di noi per mezzo del cuore immacolato di Maria, libera i nostri cuori, guarisci i nostri mali, prendi dimora in noi.” Quanto è importante per ciascuno di noi non spegnere la fiammella dello Spirito Santo che dimora in noi dal giorno del nostro Battesimo e confermata con la Cresima!

Attraverso di Lui siamo tutti uniti come membra di un unico corpo. Lui è la guida indispensabile del nostro percorso terreno, è forza, luce e grazia: con le sole nostre forze non andremmo da nessuna parte.
Benedetto XVI in una riflessione sulla terza persona trinitaria, ha specificato: “Per la grazia del Battesimo riceviamo Lui e poi sta a noi accettare o meno la sua sottile, dolce e potente presenza.
Se rimaniamo uniti alla Persona Giusta con l’aiuto dei mezzi che la Chiesa di Dio ci offre, gratuitamente e con gioia piena, non possiamo perderci e dimenticare che l’obiettivo vero di ogni uomo è l’eternità.
Auguriamoci che tutti vogliano e sappiano risanare la propria cecità e avere la consapevolezza che nessun successo terreno, per quanto smisurato, può giustificare il gettare alle ortiche il dono più prezioso: la salvezza promessa, attraverso l’amicizia fraterna con Gesù.
Meditiamo sul perché della nostra vita, potrebbe essere lo strumento giusto per comprendere che la vita terrena è il test d’ingresso a quella eterna. Buona estate a tutti noi.


  GESU’ CI LIBERA DAL PECCATO
di Don Carlo



 

Tra i testi evangelici nei quali Gesù si afferma come il liberatore, ce n’è uno che ci tocca più degli altri: quello della donna adultera.
Una donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Gli Scribi e i Farisei l’hanno spinta davanti a Gesù, ed è là, al centro di un cerchio che sembra chiudersi soltanto apparentemente su di lei, in realtà si chiude su Cristo.
Bisogna che si arrenda, che partecipi alla selvaggia pressione alla quale quei notabili vogliono associarlo, a meno che non confessi pubblicamente il suo disprezzo per la moralità e la legge di Mosè. Ascoltateli: “Mosè, nella legge, ci ha comandato di lapidare tali donne. Tu, dunque, che dici?” (Gv. 8,5).
A una tale presa di posizione non sembrano esserci scappatoie.
Gesù tuttavia non si lascia trascinare, chino, si mette a scrivere col dito per terra. Ma i suoi interlocutori non allentano la loro stretta e continuano ad interrogarlo. Allora la forza liberatrice della parola di Gesù risplende.
Con una parola apparentemente semplice rompe la morsa nella quale volevano attanagliare non solo lui e la donna, ma anche la coscienza dei presenti: “Chi di voi è senza peccato getti la prima pietra contro di lei”. Poi chinatosi di nuovo si rimise a scrivere.
Una sola parola tutto è cambiato: che cosa è accaduto?
Gesù ha fatto riapparire in ciascuno Colui nel nome del quale si voleva perpetrare quell’atto atroce e che di fatto era assente in loro: Dio.
Dio presente in ciascuno di noi, nel più profondo; Dio al quale ognuno dei presenti è stato spesso infedele compiendo di nascosto il medesimo atto che rimprovera in pubblico a quella donna. E’ come se, in una camera oscura, una porta si fosse improvvisamente aperta lasciando passare la luce della verità. L’ombra si dissipa, la coscienza è illuminata. Riconoscono la loro condizione umana che è fatta, di volta in volta, di debolezza e di grandezza.
Scoprono che anch’essi hanno peccato, ma sanno nello stesso tempo che il loro peccato può essere perdonato e che per loro tutto può ricominciare.
Per la prima volta, forse, intravedono Dio com’è veramente: Colui che dà all’uomo la legge, ma anche Colui che perdona e lo chiama a nuova vita.
Questa unica parola di Gesù costituisce, dunque un giudizio: scopre la verità.
E tuttavia essa non comporta né sentenza né condanna: solo dissolve, per quelle anime ottenebrate, la forza del gruppo di cui erano prigionieri e rivela loro chi sono esse e chi è Dio. E a quella donna rimasta sola con il suo dolore rivela la misericordia di Dio dicendo:
“Nessuno ti ha condannata?”
“Nessuno, Signore”
“Neanch’io ti condanno, va in pace e non peccare più”

                                                                                    

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