N° 4 - Aprile 2021
PAPA FRANCESCO NELLA TERRA DI ABRAMO
di Antonio Ratti


E’ la prima volta in assoluto che il Vescovo di Roma visita la biblica terra mesopotamica e la città di Ur da dove Abramo muove con la sua famiglia e gli armenti verso la terra che Dio gli ha promesso per sé e per la sua numerosissima discendenza. Forte è in significato simbolico: da Ur è iniziato il lungo percorso, durato secoli di storia narrata dalla Bibbia, della salvezza conclusosi a Gerusalemme sul monte Golgota.  Tutto è accaduto perché Abramo ha creduto alla promessa divina, che oggi l’uomo con le sue azioni sembra aver accantonata, basta osservare cosa accade nel mondo ed in particolare la tragedia e le persecuzioni subite dalle varie etnie presenti in Iraq a causa della smania ossessiva di potere di pochi. L’Iraq è da sempre un mosaico composito di religioni e di etnie per le quali il destino è semplice: vivere insieme o combattersi; così ogni controversia si è spesso risolta con la forza e la brutalità di chi esercitava il potere.  Quello di Francesco è stato un viaggio voluto per portare speranza e sostegno a comunità cristiane che si sentivano un po’ ai margini e quasi residuali anomalie millenarie, quando la fede in Cristo con varie sfaccettature era maggioranza diffusa. Oltre ad essere un viaggio apostolico, quasi una visita pastorale, non bisogna sottovalutare gli altri obiettivi, che sono legati al dialogo con l’Islam, l’altra grande fede monoteista. Dopo l’incontro con il più alto esponente dell’islam sunnita, Muhammad Ahmad al-Tayyeh, iman e rettore della moschea e Università di studi teologici e giuridici al-Giami Al-Azhar del Cairo, il Papa ha incontrato la più alta autorità sciita, l’ayatollàh Alì al-Sistani, iman di Najaf, città sacra. Con entrambi si è affrontato il delicato tema della convivenza e del rispetto reciproco per il bene delle popolazioni vittime degli scontri tra i vari potentati politici che utilizzano la fede per scopi impropri. Notoriamente al-Sistani da sempre prende le distanze dai violenti che si annidano tra i suoi e non approva l’interferenza diretta dei religiosi nella gestione del potere politico, come accade con i khomeinisti ayatollàh sciiti iraniani, è un uomo di fede che lavora per la convivenza e la fratellanza, ritenute valori essenziali per la crescita e il benessere della collettività. Si comprendono così le ragioni del cordiale colloquio e la piena sintonia con il pensiero del Papa. In questo paese mediorientale, crogiuolo di etnie, religioni e culture diverse, per entrambi, le parole chiave sono: “Amicizia e collaborazione tra le fedi.” e Chi odia il fratello profana il nome di Dio.”. Nell’incontro interreligioso nella piana di Ur il leit motiv era: l’inizio della pace e di un graduale ritorno alla normalità partono dalla rinuncia di avere nemici alla porta accanto. Vent’anni di guerre hanno lasciato solo sofferenze, morti e un paese da ricostruire moralmente, materialmente ed economicamente.  Papa Francesco mostra di avere le idee chiare sulle iniziative da portare avanti con concreta determinazione per dare ordine e pace all’intera area mediorientale vittima di interessi contrapposti anche di Stati estranei alla regione. L’auspicio è che nel Medioriente prevalga la presenza di politici moderati (questo è il vero problema) più preoccupati verso le esigenze dei propri popoli che di soddisfare le personali manie di leadership. 



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