N° 4 - Aprile 2019
CONCILIO VATICANO II (1962 – 1965) (7° parte)
di Antonio Ratti

                      

 Considerazioni finali.   
Terminato il Concilio sono subito emersi valutazioni e comportamenti divergenti tra le varie componenti della Chiesa. Per esempio, la “teologia della liberazione”, una corrente di pensiero teologico del Sudamerica molto aperto al mondo degli ultimi, viene emarginata e stroncata, com’era successo in Francia con i preti operai, temendo che si formassero due Chiese a confronto, una per i poveri ed una per i ricchi, mentre ha successo un certo “reflusso” tradizionalista attraverso lo sviluppo di movimenti laicali e secolari di natura carismatica  come l’Opus Dei, Comunione e Liberazione, i Legionari di Cristo e i Neocatecumenali, che per certi atteggiamenti sembrano sentirsi pervasi da uno “status” speciale, quasi la persuasione di una particolare  elezione ( l’Opus Dei e i lefebvriani  continuano a celebrare la Messa in latino).
Le aspettative per i risultati del Concilio, visto da molti come una “nuova Pentecoste” sono ampie e  grandi tra il clero e i laici, ma in troppi casi restano solo aspettative. Lo stesso Paolo VI, il 29 giugno 1972 (7 anni dopo la conclusione!) nell’omelia per la festa di san Pietro e Paolo, così si esprime, annotando anche i rischi, né ipotetici né teorici, della perdita di importanza e di credibilità della Chiesa nella società civile: “Sembra che da qualche fessura sia entrato il fumo di Satana nel tempio di Dio. Non ci si fida più della Chiesa, ci si fida del primo profano che viene a parlarci da qualche giornale per rincorrerlo e chiedere a lui se ha la formula della vera vita. Si credeva che dopo il Concilio sarebbe venuta una giornata di sole per la storia della Chiesa. E’ venuta invece una giornata di nuvole, di tempesta, di buio, di ricerca, di incertezza. Predichiamo l’ecumenismo e ci distacchiamo sempre più dagli altri. Cerchiamo di scavare abissi invece di colmarli.”
(Fu buon profeta per i brutti avvenimenti che ancora emergono dall’interno della Chiesa. Lo stile è diverso, ma la sostanza è la stessa delle parole di papa Francesco. Sono passati 50anni, eppure sembrano essere cambiate solo le cose che non turbano e non infastidiscono.) Il Vaticano II° è stato definito anche il Concilio “della Chiesa”, “di Cristo”, “dell’uomo”: infatti è stretto il rapporto tra l’ecclesiologia, la cristologia e l’antropologia nel dibattito e nei documenti conciliari. Il punto focale è la Chiesa. Di essa il Concilio esplora il mistero, delinea il disegno divino della sua costituzione, approfondisce la natura, illustra la missione, rivaluta la vocazione del laici e il loro ruolo nella missione del Popolo di Dio. Sempre Paolo VI nel riaprire il Concilio (29 sett. 1963), dopo la morte di Giovanni XXIII, dichiara: “Abbia questo Concilio pienamente presente questo rapporto tra noi e Gesù Cristo, tra la santa e viva Chiesa e Cristo. Nessun’altra luce brilli su questa adunanza, che non sia Cristo, luce del mondo.” La Chiesa, che rivelando se stessa e la sua natura, rivela Cristo di cui è la manifestazione visibile, è fra gli uomini e per gli uomini e “si sente realmente e intimamente unita con il genere umano.” La Chiesa per sua natura non può chiudersi in se stessa, in una torre d’avorio, ma deve aprirsi nella sua missione di evangelizzazione e di salvezza all’intera famiglia umana nel contesto di tutte le diversità entro le quali vive.
Nella costituzione Lumen gentium ( Luce dei popoli) i padri conciliari analizzano lo status della Chiesa , prendono atto che non sono presenti rilevanti problematiche di natura teologica e dogmatica da affrontare e risolvere, pertanto l’attenzione è tutta tesa all’aspetto pastorale, cioè alla ricerca e allo studio degli strumenti più idonei al dialogo per richiamare l’attenzione sulla fede nel trascendente. Il rinnovamento e aggiornamento auspicati e voluti da Giovanni XXIII° riguardano proprio l’agire quotidiano del credente con la parola e con l’esempio concreto, al fine di riportare i tiepidi e i lontani a scoprire l’insegnamento di Gesù nella sua pienezza e dimostrare come anche la vita terrena cambierebbe completamente in positivo. Partendo dall’assioma che la ragione e la conoscenza aiutano a trovare e a far crescere la fede (tesi già affermata dal Concilio Vaticano I nella costituzione Dei Filius ) i padri conciliari ritengono  determinante sollecitare la partecipazione consapevole e attiva di tutti alla liturgia, intesa come insostituibile forma di dialogo con Dio-Padre per mezzo del Figlio, attraverso l’uso delle lingue nazionali e di altri aggiornamenti come il ritorno dell’altare a forma di tavolo e la possibilità di ricevere l’Eucarestia con le proprie mani.
Con una fede più consapevole è possibile liberare i fedeli da obblighi e precetti. Esempio: che senso ha l’obbligo della Messa nelle feste di precetto? O la confessione almeno una volta l’anno? Se non si sente il forte bisogno spirituale della preghiera, di partecipare (non assistere!) alla Mensa Eucaristica o di riordinare le idee e rendere fecondo il rapporto con il Padre dialogando con il sacerdote nella confessione-riconciliazione, quanto vale la fede dichiarata a parole? (Nella prima udienza generale del 2019 papa Francesco ha detto: “Meglio vivere come ateo, anziché dare una contro-testimonianza dell’essere cristiani.” )
La fede non è fatta di ripetitivi e abitudinari gesti, ma è adesione, senza condizioni, ad un progetto di salvezza che, portandoci fuori dai limiti del tempo, ci fa definitivamente figli di Dio.        
E’ evidente come questo sia un progetto che eleva ed esalta la natura umana. (L’uomo di oggi sembra con i fatti di pensarla in modo diametralmente opposto.)
Il Vaticano II° nel confermare la libertà di scelta da parte dell’uomo, perché questa è la volontà divina che attraverso il sacrificio di croce del Figlio ha già salvato anche l’ultimo che nascerà, sprona ad accogliere l’offerta di diventare  figli di un Creatore che, in molte occasioni e diversi modi, ha manifestato la sua determinazione di voler essere solo Padre-non padrone, quindi sempre pronto all’ascolto con gioia così come Gesù ci suggerisce nella parabola detta “del figlio perso e ritrovato”, “del padre misericordioso” e “del figliol prodigo”. (Luca  15,11-32 )


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