N° 9 - Ottobre 2015
Spiritualità sul posto di lavoro
di Doretto, 1998


Il 24 ottobre dello scorso anno ritornava alla Casa del Padre il caro Doretto che per tanti anni ci ha deliziato con i suoi racconti di vita e tanta spiritualità. Abbiamo trovato sul libro ”OTO Melara nel mondo” di Mameli Martinelli (Luna editore-1998), questa sua testimonianza che pubblichiamo in suo ricordo.  

 

Anno 1956: emigrante in Svizzera. Poi…nostalgia…il ritorno: disoccupato. C’è una riunione politica, ci vado. “Oggi i posti di lavoro ci sono, manca la professionalità”, dicono.
“No, io ce l’ho, sono tornitore!”. “Ok, presentati domattina alla OTO Melara con questo biglietto!”. Era il 1960: assunto, operaio qualificato.
Che fabbrica! Grande, anzi enorme, bella; la prima cosa che ho notato era il gran da fare per guadagnare il cottimo. E, sì: era l’unico sistema per aumentare la paga! Ma io, reduce da esperienze traumatizzanti alla Brown Boveri, vivendo in baracche di legno, per me quello era un paradiso. Avevo 25 anni e la mia esperienza di vita era arrivata a un punto che tutto importava, tutto era valido, tutto era bello, ma Dio era  sopra ogni Brown Boveri, ogni OTO Melara, ogni cosa. Ero tornitore, ero attorniato da altri tornitori: ma Dio non c’era! Il mondo del lavoro era come un mondo dove Dio non esisteva. Ero spaesato, la mia aspirazione era di fare il missionario francescano.  Mi dissi: “Ecco, questa è la tua terra di missione…”.
All’interno della OTO esisteva già un’organizzazione denominata “San Vincenzo aziendale”, della quale era presidente un capo operaio, Giulio. Diventammo subito amici e nel 1965, con il beneplacito della direzione riuscimmo ad organizzare una gita a La Verna.
Ricordo che fu affisso un biglietto agli orologi della timbratura: “Lassù, tra le alte giogaie dell’Appennino, andremo a ritemprarci il corpo e lo spirito!”. Fu un successo! La gioia, l’allegria, il ritrovarsi fra impiegati e operai aldilà di ogni differenza che, purtroppo, a quei tempi regnava, ci conquistò. E ricordo quello che il frate ci disse durante la Messa: “Un uomo che lavora con le mani, col cervello e con il cuore, è un artista. Voi siete degli artisti!”. In fabbrica fu tutto un raccontare di quella meravigliosa esperienza e fu forte il desiderio di ripeterla al più presto. E qui lo Spirito Santo ci mise lo zampino. Venne fuori un giovane ingegnere, Marco Bernardini, che ci propose, non a La Verna, ma, addirittura a Roma! Dove esattamente? Alla Mariapoli italiana del 1966!
La direzione dell’OTO, visto l’esito positivo del primo pellegrinaggio, decise di contribuire a questa “seconda uscita” dei suoi dipendenti per queste esperienze mai fino ad allora sperimentate, che indubbiamente davano ottimi frutti sotto l’aspetto delle relazioni umane e di ottima immagine per l’azienda.
Mariapoli ’66: che colpo! Conoscemmo personalmente Chiara Lubich, ci furono conversioni e anche battesimi. Sì, battesimi: un operaio, Vladimiro, 56 anni, fu in seguito battezzato con tutta la rappresentanza della Oto Melara. Operai atei che fecero la Prima Comunione… un miracolo. E Chiara Lubich che ci lasciò un messaggio preciso: convertite il mondo del lavoro! E ci dette una sua parola di vita tratta dal Vangelo: “Confidate, ho vinto il mondo!”.
Ma, purtroppo, il diavolo ci mise la coda, e venne il 1968. Fummo i primi in Italia, prima degli studenti, a dire basta ad un sistema ancora troppo dirigistico e autoritario, con manifestazioni e scioperi che scaturirono, poi, in tutto il Paese. A distanza di anni (ora ne ho 61 a quei tempi 30) posso dire con consapevolezza che lo Spirito Santo alitò sulla OTO Melara, ma i capi di allora non lo capirono; erano i tempi di “Mettete dei fiori sui vostri cannoni…”: non lo capì nessuno. Nessuno capì che l’ing. Marco Bernardini era uno strumento di questo disegno; cosa che invece capirono operai ed impiegati che allora aderirono a questo nuovo modo di intendere la qualità della vita nella visione del Vangelo.
E tutto fu perché, agli inizi del 1968, Marco ed io, in un incontro a Roma, dove erano presenti le massime autorità del Movimento dei Focolari e del mondo politico, dicemmo la verità sul mondo del lavoro. Che poi erano queste: “Non si possono fare dodici ore al giorno di lavoro e poi tornare a casa e voler bene ai propri figli e alla propria moglie! Siamo troppo stanchi. Se non guadagni il cottimo, non ce la fai ad arrivare alla fine del mese.
Però noi abbiamo iniziato una nuova vita; abbiamo iniziato a volerci bene fra di noi e ci aiutiamo. E’ il seme di un mondo nuovo che nasce dal chicco di grano che muore per dare nuova vita”.
Con l’amico Osvaldo partecipai a un corso, a Loppiano, per la formazione dei primi volontari del Movimento dei Focolari. Era il 1968, in quei giorni ci fu l’invasione della Cecoslovacchia da parte dei Russi. Un nostro insegnante era un sacerdote di quella nazione: alla crudele notizia ci invitò a consacrarci al cuore di Maria Immacolata.
Aderimmo all’istante, tutti con entusiasmo evangelico. E oggi, guardando a quei Paesi e alla ritrovata libertà che posso dire: grazie, Maria e grazie a te, don Stefano!
Ci mandavano a chiamare ovunque! Un giorno partii con Doveri, Grignolio e Ferrari per Loppiano. Prendemmo un giorno di ferie; raccontammo le nostre esperienze; erano presenti oltre 500 persone, tutte del mondo del lavoro. Furono colpiti da ciò che raccontammo loro. Gesù era entrato nella nostra vita e l’aveva trasformata; e loro capirono subito; e fu un miracolo d’amore! Di un altro operaio dicevano, in OTO, che aveva visto la Madonna. No, aveva semplicemente scoperto la fede!

                                                                                             


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