N° 4 - Aprile 2021
COMMENTO ai VANGELI – Aprile 2021, Anno B
di Egidio Banti


Nella fotografia la Basilica sulGetsemani, L'orto degli ulivi.


 

Sabato 3 aprile – Veglia pasquale (Marco 16, 1 – 7)

Come sempre, i brani evangelici che la liturgia propone per la Pasqua sono due. Il primo viene letto nel corso della Veglia notturna, la “Madre di tutte le Veglie” come l’aveva definita Agostino, peraltro quest’anno anticipata al pomeriggio del sabato. Questo brano, dedicato in modo diretto al racconto della risurrezione, si alterna ogni anno, quindi quest’anno è quello di Marco. Si tratta, come è tutto il secondo Vangelo, di un racconto molto breve, si potrebbe dire essenziale. Esso è tutto concentrato sulla meraviglia delle donne che, la mattina di Pasqua, trovano il sepolcro aperto e, all’interno, il “giovane vestito di una vesta bianca” che dà l’annuncio dell’avvenuta risurrezione. Il giovane dice alle donne – che sono quindi le prime testimoni della redenzione - di andare subito a riferire “ai discepoli e a Pietro”. Il riferimento a Pietro ci fa comprendere in qualche modo la freschezza del racconto di Marco, il quale, a sua volta, aveva appreso quegli avvenimenti direttamente dalla voce del primo degli apostoli, del quale era diventato collaboratore, tanto che il suo Vangelo viene spesso definito “il Vangelo di Pietro”. Quel richiamo, così come il resto del racconto, dovevano quindi essere rimasti molto vividi e forti nella sua memoria.

 

Domenica 4 aprile – Pasqua di Risurrezione  (Giovanni 20, 1 – 9)

Nelle Messe del giorno il racconto evangelico è quello di Giovanni. Rispetto al racconto di Marco, quello di Giovanni è ancora più vivido, dal momento che il giovane apostolo ne è protagonista diretto. Così, se Marco riporta le parole del suo “maestro” Pietro, Giovanni racconta in qualche modo se stesso, con quel particolare così efficace che lo vede arrivare prima al sepolcro, “staccando” Pietro grazie alla sua energia giovanile. E’ inutile dire che questi particolari sono, come spiegano gli esperti, un’ulteriore apporto al valore storico e documentale dei racconti evangelici. Rispetto al testo di Marco, qui non c’è la figura dell’angelo, ma la frase finale sembra richiamare un ammonimento celeste: “Non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè Egli doveva risorgere dai morti”. La Risurrezione è davvero la festa della vita, e tutto nel mondo, con essa, cambia aspetto e prospettiva.


Domenica 11 aprile - Domenica “in Albis” (Giovanni 20, 19 - 31)                                   

La seconda domenica del tempo pasquale, oggi, è conosciuta come la domenica “della Misericordia”, ma la liturgia tiene ancora conto dell’antica tradizione della Chiesa, seconda la quale questa era la domenica dell’Ottava di Pasqua (detta anche “in albis”, perché oggi i catecumeni battezzati nel corso della Veglia pasquale deponevano le loro vesti bianche). Il Vangelo è dunque una prosecuzione del capitolo che l’evangelista Giovanni dedica alla risurrezione di Gesù, di poco seguente ai versetti letti nella Messa di Pasqua. L’episodio si riferisce quindi ancora al giorno di Pasqua (“il primo giorno della settimana”), quando, sul far della sera, Gesù compare ai discepoli, fornendo le prove che proprio di Lui si tratta. Otto giorni dopo (ecco il richiamo liturgico all’ottava), Gesù ritorna e conferma di essere risorto da morte a Tommaso, sino a quel momento incredulo. L’ammonimento di Gesù però va oltre l’apostolo e investe tutti noi: “Beati quelli che non hanno visto ed hanno creduto !”. Credere nel Risorto significa credere in un destino diverso per l’umanità, motivo di speranza e di gioia, aspetti tanto più importanti in un tempo difficile come quello che stiamo attraversando ormai da oltre un anno.

 

Domenica 18 aprile – Terza del tempo di Pasqua (Luca 24, 35-48)

Il tempo di Pasqua – oggi giunto alla terza domenica – è uno dei tempi “forti” dell’anno liturgico, e quindi anche le lettura hanno una scansione diversa rispetto al “tempo ordinario”. I paramenti sono bianchi, e non verdi, segno della gioia pasquale che continua, ed in Vangelo – che è di Luca e non di Marco – racconta uno degli episodi più noti ed anche più belli legati alla risurrezione: l’incontro di Gesù con i “discepoli di Emmaus”, che poi vuol dire con tutti noi. A questo episodio quattro anni fa papa Francesco ha dedicato una delle sue catechesi del mercoledì: “In questo episodio – ha detto - c’è tutto il destino della Chiesa: la comunità cristiana non sta rinchiusa in una cittadella fortificata, ma cammina nel suo ambiente più vitale, vale a dire la strada. E lì incontra le persone, con le loro speranze e le loro delusioni, a volte pesanti. La Chiesa ascolta le storie di tutti, come emergono dallo scrigno della coscienza personale; per poi offrire la Parola di vita, la testimonianza dell’amore, amore fedele fino alla fine”. Per poi concludere: “Il segreto della strada di Emmaus è tutto qui: anche attraverso le apparenze contrarie, noi continuiamo ad essere amati, e Dio non smetterà mai di volerci bene”.


Domenica 25 aprile – Quarta del tempo di Pasqua (Giovanni 10, 11 - 18)

La domenica di oggi è la domenica detta “del Buon Pastore”, e infatti proprio per questo la Chiesa tiene oggi l’annuale Giornata mondiale per le vocazioni, invitandoci a pregare in particolare perché il Signore mandi nuovi operai per la sua messe, che ne ha bisogno. L’espressione deriva dal brano evangelico, tratto dal testo di Giovanni, che è ancora un classico testo del periodo pasquale. In realtà, il brano non si riferisce al periodo successivo alla risurrezione, perché è parte di un discorso di Gesù pronunciato prima della sua passione, in occasione della prima venuta a Gerusalemme per la festa detta dei Tabernacoli. Ma la liturgia lo colloca nel cuore del periodo pasquale perché, attraverso la parabola del Buon Pastore, viene dato un senso preciso alla morte di Gesù in croce ed agli avvenimenti successivi. Si tratta dunque, per così dire, di una spiegazione anticipata della Pasqua cristiana: “Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio”. Ma in questo brano c’è anche di più, ovvero una dimensione ecumenica, nell’annuncio che “altre pecore, che non sono di questo ovile, … ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo ovile sotto un solo pastore”. San Giovanni XXIII, con particolare riferimento all’unità di tutti i cristiani, citò proprio questo brano evangelico nella preghiera composta per l’inizio del Concilio Vaticano II. E’ una preghiera ancora valida, che sta a noi proseguire nell’invocazione a Dio Padre ma anche nell’impegno ecumenico concreto, giorno dopo giorno.




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