N° 9 - Ottobre 2015
COMMENTO ai VANGELI - Ottobre 2015, Anno B
di Claudia Pugnana


4 Ottobre 2015 -  XXVII Dom  T.O. - Mc 10,2-16

Ancora una  volta Gesù viene messo alla prova dai Farisei, gli “esperti” delle Sacre Scritture mentre è in viaggio verso Gerusalemme. L’argomento è il divorzio o “atto di ripudio” che potevano subire le spose ebree se il marito trovava in loro “qualcosa di sconveniente” (Deuteronomio 24,1). Gesù chiarisce perché si trova nelle Scritture una simile affermazione spiegando che Mosè ha reso lecito il ripudio della moglie per la “durezza del cuore” degli Ebrei. Il cuore nella Bibbia è considerato il luogo in cui l’uomo prende le decisioni  e se l’uomo ha ‘orlat lebab’, cioè il “cuore non circonciso”, non segue la Parola di Dio quando compie le sue scelte. Gesù, citando Gn 1,27 e Gn 2,24, risale al Bereshit, cioè all’Inizio, a quando Dio ha messo in opera il Suo progetto sull’ultima creatura a cui ha dato la vita. L’uomo è stato creato da Dio maschio e femmina, con la predisposizione alla relazione e all’unione. In tale relazione c’è l’immagine di Dio stesso. Un Dio che ha stretto un’alleanza eterna d’amore col suo popolo, quel patto che Gesù ha portato a compimento col sacrificio della Sua vita.
I cristiani che si trovano  impegnati nel matrimonio sono chiamati a vivere la logica di questa alleanza. Sono chiamati a vivere quella solidarietà senza compromessi e definitiva che Gesù ha vissuto e che lo ha condotto sulla croce, cioè una donazione totale e irrevocabile. In questa luce le prime pagine della Genesi acquistano tutto il loro significato: è il Signore che ha legato i due in un’alleanza che li coinvolge e impegna le loro persone in maniera definitiva. Il Dio che Gesù rivela non è un solitario, ma una pluralità di Persone legate fra loro da un’alleanza eterna e infinita. Di conseguenza, creando l’uomo a sua immagine, ha creato la famiglia. Quando un uomo e una donna si sposano in ogni giorno della loro vita insieme, si ripete questa scena della Genesi: il Signore “regala” la donna all’uomo e viceversa. Li dona l’uno all’altro per sempre. Ogni partner dovrà perciò ogni giorno considerare l’altro come un dono dell’amore di Dio per lui e considerare se stesso come un dono dell’amore di Dio per l’altro [Cfr. la formula del consenso nel rito del Matrimonio: “Io accolgo te (non solo nel senso che tu ti doni liberamente a me, ma anche nel senso che ti ricevo da Dio) come mio sposo, come mia sposa”]. Gesù spiega poi ai discepoli “in separata sede” che non è lecito ripudiare il coniuge, né da parte del marito, né da parte della moglie. Li prepara così ad evangelizzare il mondo romano, dove anche le mogli potevano rescindere il patto coniugale. Gesù dà importanza ai bambini che lo circondano rumorosamente.
Anche quest’azione è rivoluzionaria poiché i bambini nella cultura ebraica, al pari di donne e malati,  erano  esclusi dalla vita sociale attiva (cioè emarginati) poiché considerati deboli ed insignificanti. Gesù presenta i bambini come modelli per l’accoglienza gioiosa e incondizionata del Regno, poiché caratterizzati da una fiducia limpida e assoluta.

11 Ottobre 2015  -  XXVIII Dom T.O. - Mc  10,17-30
L’incontro che ci viene narrato oggi ha ispirato  nei secoli  la scelta di vita di molti uomini e donne. L’Evangelista ci racconta di un tale che corre incontro a Gesù e lo implora di insegnargli cosa deve fare per avere la vita eterna. Per Gesù è il rispetto del  Decalogo l’azione da compiere e la consiglia al suo interlocutore. Ma quell’uomo vive già nel rispetto della Legge fin dalla sua giovinezza e lo dice a Gesù. Questa affermazione suscita in Lui una sequenza di stati d’animo che vanno dall’interesse all’ammirazione per sfociare in un forte sentimento d’amore. Non gli dice che quello che fa è sufficiente ma gli chiede di fare un passo impegnativo, ma necessario, per essere veramente felice: deve liberarsi dei suoi beni terreni e diventare  poi un Suo discepolo… Le biografie di molti Santi ci dicono che proprio questo brano evangelico ha ispirato la scelta della povertà materiale di Sant’Antonio abate, di San Francesco, di Santa Chiara e di milioni di frati e suore, di missionari sacerdoti e laici che, liberati dal fardello dei beni terreni, hanno seguito Gesù interessandosi delle necessità dei fratelli. Molti altri però, come l’uomo che avvicinò Gesù, non riescono a distaccarsi dalle  loro ricchezze e persistono nel loro stato di insoddisfazione. Riusciranno a raggiungere la felicità ( = la vita eterna)? Gesù risponde che è difficile, è come far passare un cammello in una cruna d’ago…ma  aggiunge che non è impossibile… poiché nulla è impossibile a Dio! La metafora del cammello, letta come uno slogan anticapitalista, ha fatto appassionare a Gesù “social- comunista” molti compagni negli anni 1950-1960. Anche a Papa Francesco, nel corso del suo viaggio a Cuba e negli USA, è stato attribuito l’aggettivo  “comunista” per le sue affermazioni contro lo sfruttamento dei lavoratori, contro l’inquinamento, contro tutte le ingiustizie sociali…
Attenzione però: l’ideologia comunista non dice soltanto questo !

18 Ottobre 2015  -  XXIX Dom  T.O. -  Mc  10,35-45
Gesù e i Discepoli stanno compiendo il terzo viaggio verso Gerusalemme che, per il Maestro, sarà anche l’ultimo. Egli ha appena terminato di parlare della sua prossima Passione e Morte, ha anche parlato della Sua Resurrezione  ma i suoi compagni di viaggio manifestano di non avere capito nulla. Due di loro, i fratelli Giacomo e Giovanni, si avvicinano a Gesù e, spudoratamente, gli chiedono di poter sedere accanto a Lui, nei posti d’onore, quando  avrà ottenuto la Sua gloria. Subito Gesù li accusa di essere insensati  (“Voi non sapete ciò che domandate”) e ricorre all’immagine del Calice e del Battesimo. Nell’ A.T. il Calice è immagine del giudizio di Dio; in un libro apocrifo (Martirio e Ascensione di Isaia) è simbolo del  martirio. Significato simile ha il Battesimo: essere sommersi dalle acque indica sofferenza ed angoscia. Nel greco popolare il verbo BAPTIZESTHAI (“ESSERE IMMERSO”) indicava anche una situazione di estremo affanno. Egli dunque chiede loro se sono disposti a condividere la Sua Passione. Alla loro risposta affermativa ribatte che saranno associati al Suo destino doloroso, ma che è il Padre che ha il compito di assegnare i posti d’onore. Poi  coglie l’occasione per  sottolineare che la comunità che vuole costruire non deve essere un duplicato di quella civile, ma anzi i rapporti devono essere capovolti. Nella Chiesa di Gesù ogni ruolo di responsabilità è un servizio che deve fare il bene maggiore possibile per la comunità, ogni cristiano  per “essere il primo sia il servo di tutti”. Il  termine “servo” definisce una persona che non ha diritti, di cui tutti possono disporre, che non si appartiene, che è in balia degli altri. L’unico uomo che ha assunto totalmente questo ruolo nella società è Gesù.
Egli  è il “Servo del Signore” che Isaia ci presenta nella prima lettura odierna, il Messia sofferente e glorificato da Dio che accetta la morte per amore e a vantaggio degli uomini. Gesù si fa modello di vita per i suoi seguaci: ogni cristiano deve trasmettere amore anche nei  più piccoli gesti di ogni giorno, deve rendere veramente felice ogni persona che incontra. Per poter avere un’esistenza al servizio del Bene è necessario, oltre che ad avere Gesù come modello, anche riconoscerLo  come fondamento e sorgente della Vita vera nel nutrirci di Lui con l’Eucarestia.
25 Ottobre 2015   - XXX  Dom  T.O.  -  Mc  10,46-52
L’Evangelista  Marco in questi versetti racconta l’ultimo miracolo che Gesù compie prima di giungere a Gerusalemme, dove lo attende la crocifissione. Il miracolato è un cieco, Bartimeo, che, incontrando Gesù, trasforma completamente il suo modo di vivere. Prima di incontrare Gesù era un emarginato, un essere inutile, seduto sul ciglio della strada a chiedere l’elemosina per poter sopravvivere. Dopo l’incontro con Gesù, che riconosce come Messia (“ Figlio di Davide” era un attributo del Messia) e come Maestro affettuoso (“Rabbunì”), ottiene la guarigione fisica e, unico tra tutti i miracolati di Gesù, lo segue percorrendo la Sua stessa strada. La strada che sta percorrendo Gesù è il tratto che da Gerico va verso Gerusalemme. Una strada in salita (Gerusalemme è in collina), una strada  su cui è possibile incontrare chi è stato assalito dai briganti, derubato e lasciato per terra come morto (Lc 10, 30-37), una strada sulla quale, dopo l’esodo da Babilonia, hanno camminato “il cieco, lo zoppo, la donna incinta e la partoriente”( Ger  31,8). Quindi sulla strada di Gerico  si possono incontrare tutte le manifestazioni delle miserie umane che solo  chi segue Gesù  riesce ad accettare per giungere con Lui a Gerusalemme, alla città santa, al luogo della Croce e del  Sepolcro vuoto .

                                                                         


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