N° 6 - Giugno 2015
LE GRAFFIATURE
di Antonio Ratti


La stessa canzone

 

‘St’altr’anno di questa stagione noi  canteremo la stessa canzone “.
Con questa massima lunigianese e un sorriso appena abbozzato di chi la sa lunga, nonna Filò liquidava la scarsa propensione  dei più ai cambiamenti veri.
Trovo efficace e puntuale il riferimento all’immagine canora. Circolano ed hanno,  ahimè, successo e seguito in Italia e non soltanto,  parecchi, chiamiamoli cantautori che, strimpellando mediocri motivetti arrangiati con ritmi e tempi differenti, li spacciano per le attese grandi novità. Non di rado, affidati - i motivetti, s’intende - alle potenzialità timbrico-sonore della grande orchestra mediatica, si tenta quel salto di qualità di cui sono tanto bisognevoli: in questo caso, sia i motivetti che i loro autori.
All’operazione un po’ camaleontesca il successo sembra garantito: è la sua durata a tradire talvolta gli incauti resi arditi dall’effimera notorietà e oltremodo persuasi della propria creatività.  Comunque, immensa è la capacità di galleggiamento di costoro nel giro che conta. I nomi li conosciamo tutti. Nascondere l’immobilismo più totale e l’incompetenza dietro retorici proponimenti o progetti di verbosa vacuità, dichiararsi certi della giustezza delle proprie posizioni senza specificare sulla base di quali elementi probatori, ma semplicemente perché è improponibile trovarsi dalla parte sbagliata per dogma di fede - e la fede non è ragione - è la costante  dell’operatore politico (vedi gli occupanti delle Istituzioni comunitarie e nazionali).
Tanti, agnostici o del tutto indifferenti, per abbandonare lo scomodo stato di dubbio nella ricerca della verità, sembrano voler utilizzare una sola via di uscita: sposare questa o quella fede pur di sentire il possesso di una verità, che non tranquillizza, che non scioglie i perché, ma che ti offre la consapevolezza e la forza dell’appartenenza ad un gruppo dotatosi di fede propria.  E’ possibile che esistano sempre tante verità così contrapposte da non lasciare intravedere punti comuni, seppure espressi e interpretati in modi diversi?  E’ possibile che il meglio per gli uni sia per gli altri la peggiore proposta immaginabile?   Qualche esempio? Mi sento soffocato dal numero.
I professori bocconiani, economisti di fama internazionale o gli ordinari di Diritto del lavoro che pasticciano sui tagli delle pensioni degli altri (però), come i mediocri studentelli che bocciano senza pietà con atteggiamenti di supponenza, non di severità. Chi grida ai buchi del bilancio e chi li nega o ne rigetta la responsabilità oggettiva ai predecessori, pur continuando a fare come loro.
Da una parte s’inneggia alla ripresa economica ormai avviata solo perché il dato statistico di un trimestre indica un +0,2% o l’occupazione tra le entrate e le uscite è in crescita di 571 unità tra le imprese artigiane italiane e aumentano le assunzioni incentivate a tempo indeterminato, ma rappresentano solo la stabilizzazione di dipendenti precari o a progetto, dall’altra si ironizza sulla consistenza risibile dei numeri e sembrano avere ragione, perché la disoccupazione non ha invertito la tendenza, specie tra i giovani, e la ripresa, se c’è, non porta con sé posti di lavoro e, allora, a che serve e a chi serve? La Rai imparziale nell’informazione, d’un tratto non lo è più o viceversa, per cui va riformata, ma con criteri opposti e di comodo. La giustizia è ritenuta più giusta o meno a seconda del momento politico, della convenienza, di chi colpisce e quando. Abbiamo una nuova categoria politica, quella degli Impresentabili che con disinvoltura continuano a presentarsi.
 Il principio di maggioranza e minoranza come metodo di governo è imperfetto poiché è un dato statistico basato sul calcolo delle probabilità, ma al momento è l’unico possibile e accettato per la gestione della cosa pubblica: oggi nei partiti e nel governo chi ha idee divergenti si sente moralmente autorizzato a usare ogni forma di ostruzionismo e non pensa minimamente ad accettare l’espressa volontà dei più. Ogni argomento affrontato dal nostro Parlamento scatena risse incresciose, polemiche infinite che gettano in un angolo le ragioni del buon governo. Soprattutto, ferendo la dignità delle Istituzioni, si determina un clima di delegittimazione dal quale ciascuno si sente, invece, legittimato a fare i propri comodi, pardòn, i propri interessi divenuti legittimi: le lobby imprenditoriali, piangendo lacrime invereconde, impegnate a trarre vantaggi economici e di potere, riappropriandosi anche dei diritti acquisiti dal lavoro dipendente; i finanzieri a usare i paradisi fiscali per inseguire profitti amorali; l’evasione fiscale appare una procedura doverosa; la concussione e la corruzione endemica (primi in Europa) sanno di poter prosperare in zona franca dentro le istituzioni; la raccomandazione, il sommerso, il lavoro nero, lo spreco di denaro con le infinite e scandalose incompiute (bastano quelle quotidianamente mostrate da ‘Striscia la notizia’) e quant’altro possono proliferare impunemente.
Il filo di ideali che normalmente unisce e dà le motivazioni forti per sostenere una casa comune, si è così sfilacciato da ritenere superfluo, se non obsoleto, perfino un gesto simbolico come il canto dell’inno nazionale. E’ più grave l’ostracismo dei calciatori a cantare o il tirarsi epiteti, insulti e pugni nelle aule della Camera e del Senato?  I primi, è cosa nota, sono dei mercenari a caccia di ingaggi da paperoni, i secondi - sebbene tante le perplessità sui meriti e competenze -  sono i rappresentanti  democraticamente eletti di un popolo che, nonostante tutto, non ha ancora  abiurato alla dignità di qualche diritto, primo fra tutti, quello di essere rispettato dai suoi eletti a qualunque schieramento appartengano.
I mesi in arrivo non lasciano spazio all’ottimismo, perché “il cambio di passo”, “lo sprint vincente” vengono con scaltrezza enfatizzati, ma nella realtà spostati sempre più in là.
Certi personaggi dopo 40-50 anni di attività politica si sentono ancora ”i nuovi”.
Da quando è nato, oltre trent’anni fa, il Dixan, sulla scatola, porta sempre scritto ‘Nuovo’: ma almeno lui funziona. I giovani, poi, sono così rampanti ed aggressivi per la fretta di arrivare da suscitare più di un timore.
Cara nonna Filò come sei stata veramente profetica! Peccato che ti ho persa troppo presto.




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